Bene o male
– Quindi voi siete assicurati, Mastercard idem, che era phishing è appurato ma i soldi non me li ridate.
– Lei non vuole capire…
– Mi dica signor direttore, lei la vede la mia situazione, lei e i suoi e la sede che m’ha telefonato, giusto?
– Certamente, ma…
– Quindi sapete che non ho introiti, che gli ultimi soldi che avevo me li hanno truffati, ma anziché restituirmeli v’accanite a propormi un prestito, mi chiamate cinque volte in due settimane, e quando dico ok, me lo negate.
– Non c’erano garanzie, la banca non può…
– La banca, sì. La stessa dei titoli dei giornali, la mia banca, quella dove hanno mangiato e speculato e grufolato e che sarà salvata con soldi pubblici, soldi miei, di tutti, della stessa povera gente che avete derubato.
– Signorina, se continua così…
La ragazza scosse la testa. – Io? Siete voi che continuate, voi, e non vi fermerete mai.
– Visto che la pensa così…
– Ah sì, cioè? Nemmeno si ricorda il mio nome se non lo legge lì accanto all’IBAN e al saldo in rosso, figuriamoci se sa cosa penso. Bè glielo dico: penso che ci serve un cambiamento, ecco cosa, un bel cambiamento radicale, e quanto al resto non si preoccupi, la lascio nel suo bell’ufficio, anche perché mi date la nausea dopo un po’, quindi meglio finirla qua, arrivederla.
Fuori, il calore era terrificante, ma nella piazzetta poco lontano, all’ombra dei tigli e dei faggi, tirava una brezza appena tiepida che asciugava il sudore e ventilava i pensieri. La ragazza sedette su una panchina e cavò la scatola dalla borsa. In effetti è vero, nemmeno lo sa chi sono, nemmeno è colpa sua, in fondo chi cazzo è, ma io adesso cosa faccio, come campo, cosa m’invento? Se solo penso…
Il phishing, i suoi genitori cui l’Agenzia delle Entrate doveva restituire da undici anni dodicimila euro, i nonni rovinati dal crack dell’Istituto di Credito, i decreti e le manovre di cui aveva letto tutto, francamente troppo: più rifletteva più le palpebre si serravano, e quando infine si riscosse, fu sui profili metallici che si concentrò, bordi, coperchio, display, interruttore. Era da un pezzo che fumava solo e-cig, prima quelle lunghe poi le box, scatolotti pesanti, squadrati, potenti. Ecco, la sigaretta elettronica fa bene o fa male? Certo non bene, ma è pur sempre un miglioramento, quantomeno un cambiamento, qualsiasi cosa pur di smettere, di mandare in corto circuito quel vizio di cui altrimenti non ci si libererà mai…
Il palazzo è signorile, l’insegna della banca discreta sebbene anche da lì, da lontano, ne scorga il logo verde-blu sulla facciata del ‘700. Il pollice si muove in piccoli circoli, l’ultimo cliente esce, un furgone accelera e s’allontana e d’improvviso tutto tace, niente più si muove. È uno di quegli istanti frutto di mille coincidenze: nessun veicolo, tortore e piccioni muti, le cicale in pausa, il vento che cade e le foglie immobili e non un fiato, non una voce, nemmeno un cane che abbaia lontano. È come in chiesa dopo il Credo, come la platea prima dell’attacco, zitti zitti che comincia, il sollievo si espande nel silenzio e anche il pollice si è fermato, proprio al centro dell’interruttore.
Clic.
Il boato fu tremendo.