A presto, addio
Nell’aria c’era quell’odore di legna bruciata che chissà come, chissà da dove, vaga al tramonto anche nel centro di una città grande come quella. Eleonora gli sussurrò “ciao” all’orecchio, gli carezzò la barba, e si sciolse dall’abbraccio. Cristiano salì in macchina e chiuse lo sportello. Non partì subito come lei si aspettava. Accese invece i fari, spense la radio e abbassò il finestrino. – Quindi è l’ultima volta che ti vedo?
– Ma figurati, perché mai, mica è un addio.
– Ma non sarà la stessa cosa. Noi, non saremo più gli stessi, noi, non è vero?
Eleonora inclinò la testa di lato, guardò quel cielo nel quale avrebbe volato di lì a breve, si avvicinò al finestrino tanto da percepire il tepore del riscaldamento e sollevò le spalle, come a sottolineare qualcosa di semplice: – Lo siamo stati già abbastanza, non pensi?
– Cosa?
– Gli stessi. – disse, poi lo salutò con la mano e s’incamminò, mentre davanti agli occhi la città tornava verde come a primavera, come in quel giorno di aprile in cui era uscita dalla fondazione senza più un lavoro, decisa a compiere tutte le scelte che troppo a lungo si era convinta di non avere.