Una scelta di mezza stagione

Lug 1, 2017

Arrivai che era una specie di autunno. Arrivai puntuale dopo un’ora di autostrada in cui sfilai campi battuti dal vento e platani squassati dalla pioggia. Il mondo era lucido, grigio e in tumulto.
Arrivai e parcheggiai, poi aprii la porta e feci giusto tre passi prima di incrociare il sorriso della segretaria e incamerare il suo cenno eloquente: “vai di là, arrivano, buona fortuna”. Così andai di là, mi sedetti, e mi sforzai di restare calmo. Non dovetti aspettare molto: i soci entrarono in fila indiana ciascuno con la sua camminata, il suo stile, il suo modo di farmi sentire un mendicante, e presero posto in fondo al tavolo. Solo a quel punto mi salutarono posando sul tavolo chi l’orologio, chi un blocco, chi il telefono. Mi sembrava di dover discutere la tesi di laurea davanti a una commissione che mostrava bendisposizione ma i cui reali sentimenti non sapevo decifrare. “Non importa” mi dissi. “Non mi deve importare” mi convinsi. “Sono qui per un motivo, e questo è quello che mi basta sapere”.
Qualcuno tossì, qualcun’altro sorrise con una punta di imbarazzo. Uno dei quattro, nemmeno ricordo chi, si schiarì la voce e mi invitò con un cenno: “e allora?” m’incalzò.
Io raccolsi le forze. Ero pronto, mi ero riscaldato per tutto il tragitto, mi ero preparato per settimane, ci avevo pensato per mesi e forse anni. Presi un altro respiro, m’immaginai il BANG dello starter, e partii come un missile…

“Ecco il fatto è questo, siamo tutti diversi e va benissimo così, Dio ci scampi, ma così diversi che intorno a me come mi giro vedo tante cose che insomma ecco, mica che proprio le capisco: parcheggi di centri commerciali affollati dalle dieci del mattino alle dieci di sera in weekend di sole splendente; e famiglie, coppie, gruppi d’amici intorno a un tavolo penitenti a smanettare sul telefono; e gente in visita alle piramidi, al Monte Bianco e l’Everest, al Loch Ness e al Grand Canyon, il Taj Mahal o l’aeroporto di Canicattì, che si fa selfie laparoscopici con vezzi da Kardashian o cipigli alla Scanzi per averne in cambio like e cuoricini; per non parlare di tutte le ragazze che si definiscono “pazze e piene di vita” e che appena partoriscono diventano mammagiorgia o mammacentopercento o tuttamamma e si dichiarano “mamme a tempo pieno” perché fare la mamma è un lavoro a tempo pieno (e guai a chi dice il contrario o suggerisce che vi sia comunque una vita da donna amante professionista oltre la maternità, che fagiolino / zucchino / bestiolina a dieci mesi reclama più attenzioni di Christiane F. e come cavolo avranno fatto le nostre, di madri, eh?)… E per non parlare di uomini con teste prepuberali che si fidanzano e si sposano con occhi levati al cielo e pensieri aggrappati al venerdì che quello è salvo, quello almeno se lo tengono per gli amici e su quello mica può rompere la rompicoglioni. E tutto questo l’ho visto e lo vedo così come leggo e sento di gente alle Maldive che si lamenta del caffè, che in vacanza sul Mar Rosso si lamenta degli spaghetti, che in Tailandia si lamenta del pollo arrosto; oppure vegani di Geova che fanno proselitismo intransigenti come dopo aver abbracciato la jihad, e carnivori avventisti del settimo giorno col colesterolo a un milione che brandiscono salami dopo sogni di pancette che compongono scritte magiche (in hoc signo vinces?)…

Inciso: i soci a quel punto mi guardavano un pelo stralunati, ma io mica avevo finito, no per niente. Arrossii appena, presi un respiro e poi via che continuai.

…e vedo gente che posta frasi da carie mentre azzanna alla gola chi non conosce, chi fotte due euro di resto e se ne vanta e chi non paga le tasse e viaggia in Audi e impreca contro lo statale che timbra in mutande e poi se ne torna a letto. Gente che si professava socialista e ora vota Berlusconi perché “sai c’ho un’attività”, gente lanciata sui binari scuola università lavoro fidanzata moglie casa cane macchina figlio amante altro figlio che se si ferma a farsi una domanda col cazzo che riparte più piuttosto s’ammazza o ammazza qualcuno, e… E niente scusate, magari ho divagato, ma eccomi al punto adesso ho finito, perché quel che voglio dire è che insomma capite, se sta bene a loro allora bene, ma a me invece no che non mi sta bene di condividere il resto della mia vita con tutto questo. Perché mia nonna, chiedo scusa, diceva una cosa, e scusate i termini: che mica puoi rimestare nella cacca senza sporcarti e poi puzzare. Giusto o no?
E così me ne vado.
Un po’ in giro per il mondo a partire da tra un mese.
Quindi grazie e prego di tutto, ma direi che mi licenzio.”

Al che quelli, che mi guardavano sopraffatti, trasalirono, e uno, quello che un pelo stimavo di più, mi fece “pensavamo volessi un aumento”. Sì lo ammetto, fui tentato di chiederlo quanto erano disposti a concedere.

Quando uscii era primavera. Non avevo più un lavoro e tutte le scelte sarebbero state dure di lì in avanti. E non perché fossero scelte dure, ma perché è duro dover fare scelte quando per anni non ne hai fatta nessuna. Presi un caffè al solito bar e la ragazza dietro il bancone mi scrutò a lungo prima di chiedere: “Andrea cos’è, hai smesso di fumare? Hai un’aria diversa, così luminosa”.
Le dissi che fumavo ancora e salutai.

Sulla via del ritorno il sole splendeva sui campi e i platani agitavano i rami verdi di foglie nuove come a salutarmi. In macchina guidavo e mi sembrava d’andare a razzo, e ogni volta che quel tipo mi guardava dallo specchietto mi chiedevo chi fosse, così bello e sorridente. Sapeste che bella voglia che avevo, bella e limpida, di arrivare a casa, abbracciare mia moglie, e insieme a lei scoprire quali scelte avremmo fatto per il nostro futuro.